ESPLORATORI, GEOGRAFI E VIAGGIATORI TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
Udine, Chiesa di San Francesco
11 novembre 2011 – 15 aprile 2012
“Questa vita girovaga, mezzo alpinistica e mezzo marinara, esercita su di me un’attrazione grandissima. Mi pare che se per tutta la mia vita dovessi girare il mondo studiando e lavorando anche a costo delle più gravi privazioni e dei più aspri sacrifici sarei un uomo felice”. Sono quasi profetiche queste parole che l’esploratore e geografo friulano Ardito Desio ha pronunciato durante una delle innumerevoli spedizioni compiute in zone funestate dal caldo torrido del
deserto sahariano fino a quelle avvolte dal gelo del Karakorum e dell’Antartide, spinto dalla sua sete di conoscenza e di avventura e che ha dato vita, insieme a molti suoi compatrioti, alla mostra “Hic sunt leones. Esploratori, geografi e viaggiatori tra Ottocento e Novecento. Dal Friuli alla conoscenza dei Paesi extraeuropei”, che si tiene fino al 15 aprile 2012 nell’ex chiesa di San Francesco di Udine. La mostra è composta da fotografie, oggetti, proiezioni e postazioni multimediali che, attraverso un percorso ben studiato, conducono lo spettatore, passo dopo passo, verso un modo di viaggiare ormai dimenticato da noi cosmopoliti moderni abituati a tutte le comodità, prima fra tutte quella di raggiungere il luogo designato per le nostre esplorazioni nel minor tempo e costo possibili. Il percorso espositivo risulta interessante soprattutto per la ricostruzione della mentalità del viaggiatore: se infatti i reperti come le tende da campo, i binocoli, le vettovaglie di viaggio sono sicuramente interessanti e aiutano a ricostruire le difficoltà pratiche degli spostamenti, vincente risulta la visione dei numerosi filmati che lasciano intravedere la gioia o lo sconforto degli esploratori dopo che avevano raggiunto o perso un obiettivo e i numerosi taccuini di viaggio che testimoniano le fatiche, ma anche il grandissimo senso di libertà e persino la pace interiore, che derivano dall’incontro di altri popoli, costumi e tradizioni e che fanno del confronto un arricchimento reciproco.
La mostra, nello specifico, si articola in tre unità tematiche che parte da una sezione introduttiva, dedicata alla preparazione del viaggio, scandita da verifiche bibliografiche e cartografiche, nella preziosa è la testimonianza della ricerca dei compagni di spedizione le volte in cui si erano persi e dell’equipaggiamento necessario per gli spostamenti. C’è poi un nucleo centrale della mostra, intitolato “Il viaggio come conoscenza”, che propone, in senso cronologico le spedizioni condotte dai friulani verso le Americhe, l’Asia e l’Africa: dal Beato Odorico da Pordenone, primissimo esempio in Friuli di esploratore di terre lontane, che insieme con Marco Polo svelò per primo all’Europa i misteri dell’Oriente, fino a giungere alle figure emblematiche di Pietro e Giacomo Savorgnan di Brazzà (XIX sec.) e alle loro spedizioni, in particolare quella di Pietro in Congo.
C’è infine una terza sezione, intitolata “Verso un nuovo mondo”, rivolta a tutti i nuovi elementi che hanno arricchito il nostro sistema culturale grazie allo scambio fra elementi di culture diverse e nei più diversi ambiti, dalla lingua, alla cucina alle usanze sociali.
Particolarmente interessante è una piccola sezione dedicata alle viaggiatrici in America tra Ottocento e Novecento. Sono attrici e artiste che si muovono per motivi professionali, donne che accompagnano la famiglia e che poi proseguono il loro destino come viaggiatrici, spesso dell’anima: è il caso di Tina Modotti, arrivata bambina in America grazie al padre e poi diventa fotografa d’eccezione nel cogliere i moti dell’indole umana e dell’umano agire eSyria Poletti, figura di grande intensità, friulana d’adozione e protagonista del panorama letterario argentino tra gli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta.