L’esposizione “Guercino 1591-1666. Capolavori da Cento e da Roma” vuole essere, però, non solo un tributo al pittore emiliano, ma anche un doveroso omaggio al grande Sir Denis Mahon, studioso inglese scomparso nella primavera scorsa, che al pittore di Cento ha dedicato parte della sua vita centenaria. La mostra, curata dalla soprintendente per il Polo museale romano Rossella Vodret e da Fausto Gozzi, direttore della Pinacoteca Civica di Cento, pur raccogliendo solo opere conservate nei musei di Roma, di Cento, e del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, riesce lo stesso a illustrare il percorso e l’opera del maestro emiliano. Il corpus di dipinti, 36 preziosi capolavori, copre infatti tutto l’arco cronologico del suo percorso artistico facendone apprezzare il gustoso talento in tutto il suo sapore. L’iter illustra l’evoluzione pittorica dell’artista. Si parte dai dipinti della prima sala, ancora influenzati dell’arte ferrarese, per arrivare agli anni romani che sanciscono l’adesione ai modi del barocco imperante, passando attraverso la produzione legata allo stile e alle idee mutuati da Ludovico Carracci, l’indiscusso maestro dell’epoca, nonché primo a riconoscere nel giovane ragazzo di Cento un talento, un vigore e una grandezza innovativa tali da farglielo additare come il continuatore della sua arte.
Dopo il precoce avvio in patria il pittore viene chiamato nella capitale dal papa bologneseGregorio XV Ludovisi, che diventerà, assieme al cardinale nipote Ludovico, il suo principale committente. Per la famiglia Ludovisi il Guercino decora il Casino al Pincio, raffigurando nella volta della sala principale al piano terra la mirabile Aurora; tuttavia, il capolavoro assoluto degli anni romani resta la gigantesca Pala di Santa Petronilla della Pinacoteca Capitolina, di cui è in mostra il modelletto in piccolo formato. Una visita al Campidoglio è dunque obbligatoria. A Roma Guercino riesce quindi a mescolare l’influenza della scuola ferrarese a quella del realismo caravaggesco in maniera però del tutto personale. L’improvvisa morte del Papa nel 1623 priva Guercino del suo principale mecenate e protettore e lo induce a tornare a Cento, dove continua a eseguire quadri per illustri committenti romani, come il bellissimo Ritratto di Bernardino Spada del 1631. Questi ultimi anni di attività, segnati anche dalla morte di Guido Reni nel 1642, rappresentano per Guercino un’occasione per riflettere proprio sui modi classicisti dell’eterno rivale, in particolare sulla gamma cromatica più tenue e delicata, sulla raffinata eleganza formale e la progressiva semplificazione, quanto di più lontano dalle stravaganze barocche romane. Nascono ancora capolavori, caratterizzati da una maggiore chiarezza compositiva come, ad esempio, Saul contro Davide di Palazzo Barberini.
L’esposizione è molto felice e chiara, non volendo essere inutilmente ambiziosa come altre mostre romane di questi giorni. Attraverso i capolavori del maestro di Cento intende dimostrare come l’anima profonda e molteplice del Seicento non possa essere semplicisticamente ridotta al solo fenomeno del barocco, oppure al realismo caravaggesco o al classicismo. Lo spirito del tempo risiede, invece, nell’animo di ogni singolo artista che, con il suo pennello, offre un profilo sempre originale. E il caso del Guercino ne è una testimonianza esemplare.